giovedì , 21 Novembre 2024
Illustrazione tratta dal “A Treatyse of fysshyinge with an Angle” di Dame Juliana Berners (1496)
Illustrazione tratta dal “A Treatyse of fysshyinge with an Angle” di Dame Juliana Berners (1496)

5 – Evoluzione dell’amo per la pesca a mosca

La scelta dell’amo è il primo gesto che compie ogni costruttore in funzione della mosca che vuole realizzare.
In commercio ne esistono diversi tipi, ognuno dei quali con proprie specifiche caratteristiche che li rendono più o meno idonei per i vari dressing.
L’amo ha un’anatomia che è bene conoscere poiché è proprio questa che influenza le nostre scelte.

Fino al 1870 non ci furono grandi produttori di ami, così che nel quindicesimo secolo, prima Dame Juliana Berners ed a seguire in “The Complete Angler” di Isaak Walton, scrivevano che ogni pescatore si arrangiava come poteva, così come è stato sempre fatto dall’uomo sin dalla preistoria.

Gli ami erano fatti di ferro ma, a causa della loro duttilità, non divennero veramente affidabili fino al 17° secolo quando arrivò la “fucina”, è a questo punto che gli ami cominciarono a subire il processo di indurimento. In seguito, e con l’avvento della Rivoluzione Industriale, si resero disponibili alle masse grandi quantità di ami, di qualità e ad un prezzo accessibile.

Alfred Ronald, nel 1856, quando non ancora era stato inventato l’amo con l’occhiello, assemblò 44 imitazioni utilizzando ami con il gut legato direttamente sul gambo in fase di costruzione.

Fu nel 1870 che, finalmente, fece la comparsa l’amo ad occhiello, quello attualmente utilizzato.

I modelli disponibili erano con l’occhiello in alto (Up eye), preferito da Halford per la mosca secca, e con l’occhiello in basso (Down eye), che, sempre secondo Halford, erano da preferire per la mosca sommersa a discendere il corso d’acqua. Al giorno d’oggi sono usati, per la gran maggioranza delle tipologie di artificiali, i modelli “down eye”, perché riconosciuti universalmente più pratici e funzionali. Il materiale predominante è l’acciaio arricchito di una percentuale di carbonio.

Con la rivoluzionaria invenzione dell’amo ad occhiello si svilupparono anche nuove numerazioni relative alla loro dimensione: Redditch e Kendal erano le numerazioni di riferimento, ma con il passare del tempo si uniformò tutto a quella denominata Redditch, attualmente in vigore.

Le numerazioni di ami maggiormente utilizzate, parlando di artificiali che imitano gli insetti, dalla grande mosca di maggio al piccolo chironomo, vanno dal n.10 (più grande) al n.22 (più piccolo).

I requisiti necessari, affinché un amo sia adatto al modello di artificiale che vogliamo assemblare, devono rispecchiare la dimensione e la forma atte a realizzare la silhouette d’insetto voluta ed avere anche un buon compromesso fra esilità dell’acciaio e robustezza alla trazione. E’ evidente, come detto, che una mosca secca dovrà essere costruita scegliendo ami dal diametro contenuto così come, per realizzare una mosca secca particolarmente esile sarà più opportuno utilizzare ami dallo spessore esiguo come gli extra fine (2X, 3X etc.). Per contro, mosche sommerse e/o ninfe potranno essere costruite su ami dal diametro e quindi dal peso, maggiore. Ancora, se si volesse dare più risalto all’addome dell’imitazione si potrà optare per un amo dal gambo medio lungo.

Le varianti sono quindi sulla lunghezza del gambo (1x, 2x, 3x) in base a quanto lo stesso sia più lungo o più corto in riferimento alla misura standard (1x); sulla forma in quanto l’amo può essere dritto o più o meno curvo (grub); sulla pesantezza, che è data dal diametro del filo d’acciaio utilizzato (fine, extra fine, strong, ecc.); sul colore, che sceglieremo in base all’imitazione da ottenere (bronzo, oro, argento, nero, ecc.).

Nell’anatomia degli ami ha poi un ruolo determinante anche l’ampiezza della curvatura o quel che gli inglesi chiamano “Gape”, che determina la distanza tra la punta dell’amo ed il gambo. E’ proprio il gape infatti che determina la misura dell’amo ed è funzione della lunghezza del gambo.
In un amo con gambo di lunghezza normale, il gape standard è infatti pari a circa la metà della lunghezza del gambo stesso.
Il Gape è importante anche perché è in stretta correlazione con la capacità dell’amo di ferrare il pesce. A parità di misura gli ami “Wide Gape” (largo) tendono infatti ad avere un maggiore coefficiente di ferrata rispetto a quelli dal Gape più contenuto.
Attualmente
la produzione giapponese risulta essere leader indiscussa del settore.

Relativamente alla scelta di un modello di amo per un determinato artificiale, occorre anche pensare al tipo di preda che andremo ad insidiare, infatti non si può pretendere di utilizzare, per catturare un grosso pesce, un amo molto piccolo ed a filo sottile, questo perché ci costringerebbe ad un combattimento infinitamente lungo per recuperarlo e che lo porterebbe alla morte per sfinimento a causa della durata eccessiva del recupero. Inoltre, per salvaguardare la preda e facilitarne il rilascio (catch & release), si usano preferibilmente ami senza ardiglione o quanto meno schiacciato prima di iniziare l’azione di pesca.

About Roberto

Approdato alla pesca con la mosca artificiale nel 1976, ne trae il massimo della soddisfazione grazie al connubio con la passione della fotografia e delle scienze naturali.
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