Chi pesca con la mosca sa bene, o dovrebbe saperlo, che tra gli Efemerotteri esiste una famiglia che data la sua diffusione e la sua composizione, riveste un’importanza fondamentale sia che si peschi a secca sia che si peschi a ninfa.
Mi riferisco ovviamente alla famiglia dei Baetidae che al suo interno conta circa un centinaio di generi diversi che, a loro volta, ospitano un totale di quasi 900 specie.
Sono insetti diffusi praticamente su tutto il Pianeta e colonizzano torrenti, fiumi, laghi e persino stagni.
Nel nostro Paese, secondo quanto riportato tra gli altri anche da R. Messori e L. Tosi ne “Gli insetti di Fly Line”, sono presenti 7 generi: Acentrella, Alainites, Baetis, Centroptilum, Cloeon, Procloeon e Nigrobaetis.
Tra questi credo di poter affermare, senza timore di smentita, che quello dei Baetis sia il più importante ai fini della pesca a mosca visto che queste effimere sono sempre abbastanza numerose e diffuse, popolando in egual misura, chalk stream, torrenti e fiumi del piano.
In pratica, qualunque sia la meta che abbiamo scelto per la nostra uscita di pesca, gli esemplari di Baetis, verosimilmente – al netto della evidente diminuzione numerica degli invertebrati acquatici – saranno lì ad attenderci con le loro schiuse che avvengono, seppure in misura variabile, durante tutto l’arco dell’anno. Motivo in più per ritenerle fondamentali per quel che a noi interessa.
Saper riconoscere un esemplare alato di Baetis non è molto complicato anche se per avere certezza della loro individuazione occorre osservare attentamente le loro ali anteriori ed individuare la venatura mediana anteriore che non deve presentare biforcazioni.
A parte questo dettaglio che non è sempre facile distinguere, le Baetis sono effimere relativamente piccole, la cui lunghezza varia, a seconda delle specie e della stagione di rinvenimento, tra circa 4 e circa 9 mm in totale.
Presentano 2 soli cerci e la maggior parte dei generi ha anche una coppia di ali posteriori molto piccola, i maschi inoltre hanno i tipici occhi a turbante.
Il colore d’insieme è alquanto variabile visto che è possibile rinvenire esemplari, anche della stessa specie, con tonalità di colori che variano dal verde oliva al marrone nocciola, passando anche per il giallo pallido. E’ comunque la tonalità dell’oliva che risulta quasi sempre predominante ed è proprio questa caratteristica cromatica che ha determinato il loro inserimento nella conosciutissima classificazione anglosassone delle “Olive” che racchiude un numero vastissimo di imitazioni riferibili non solo alle varie specie del genere Baetis ma anche ad altre famiglie di effimere come, ade sempio, la Blu Winged Olive che imita la Serratella ignita appartenente alla famiglia degli Ephemerellidae.
Per avere un’idea di quante siano le imitazioni riconducibili al gruppo delle Olive, che si sono susseguite, rincorse e reciprocamente influenzate tra loro, nel corso degli anni, basti pensare che il bellissimo libro di Mauro Raspini “The Fly, la genesi” nel capitolo dedicato alle imitazioni di Baetidae annota circa 150 artificiali suddivisi tra ninfe, dun e spinner.
Stabilire quale sia, o se esista, l’imitazione migliore di Baetis o quella ideale per tutti, è quindi impossibile anche perché occorre considerare che ognuno di noi ha le sue giuste preferenze personali, legate alla resa di un determinato artificiale in pesca, alla facilità con cui è possibile realizzarlo, ai materiali con cui viene costruito o anche solo al semplice gusto estetico.
Ma c’è un altro fattore da prendere in considerazione: la mosca perfetta intesa come imitazione unica, valida per tutte le situazioni e per tutti gli ambienti, a mio avviso, non esiste.
Non può esistere ed il motivo è semplice.
Come detto, anche a parità di genere e specie, gli insetti variano nel colore, nelle dimensioni e nei modi di schiudere in funzione dell’ambiente in cui vivono e, nello stesso ambiente, anche in funzione delle condizioni del momento come stagione, temperatura dell’aria e pressione atmosferica.
La fortuna è che sebbene l’ambiente fluviale sia mutevole, l’osservazione della ripetizione delle condizioni e delle loro combinazioni consente comunque di adattare le nostre imitazioni in funzione dell’insetto che sta schiudendo in quel momento e così facendo, proporre al pesce qualcosa che sia quasi sempre “credibile”.
Trovo quindi alquanto sensata la ricerca di una tipologia di dressing che sfruttando le conoscenze sulle abitudini di questi insetti, riesca a replicarle più o meno fedelmente dando l’impressione (al pesce) di trovarsi di fronte ad una sua possibile preda.
Diventa quindi importante realizzare un artificiale che sia efficace nell’imitare non solo il colore d’insieme e le dimensioni ma anche (se non soprattuto) il comportamento dell’insetto predato, in quel particolare momento e contesto, dal pesce.
E’ perciò evidente che non è possibile evitare di conoscere qualche cenno di etologia.
Per quanto riguarda i Baetis, gli studi e le osservazioni pratiche effettuate sui loro sfarfallamenti ci consentono di avere qualche utile informazione sul loro comportamento che sarà sicuramente utile sia al morsetto, sia in pesca.
Sappiamo infatti che le ninfe di queste effimere, raggiunta la maturità necessaria alla prima muta alata, nuotano dai fondali per raggiungere la superficie dove avviene lo sfarfallamento ovvero, la rottura della cuticola della sacca alare dalla quale fuoriescono inizialmente le ali e poi tutto il resto del corpo che si libera della spoglia ninfale.
Questa transizione, da stadio ninfale a subimmagine, può avere una durata variabile, influenzata – come detto poco sopra – anche dai fattori esterni come temperatura e pressione atmosferica.
E’ ben noto infatti che in giornate di alta pressione e con temperature tipicamente estive le ninfe compiranno in un tempo molto rapido questa transizione. Questo comporta che la deriva delle subimmagini sull’acqua sarà molto breve o, in alcuni casi, quasi del tutto assente con l’insetto alato che appare per magia sulla superficie e si invola immediatamente.
In simili situazioni sarà difficile (anche se non impossibile) che il pesce si nutra dando vita alle classiche bollate in superficie mentre sarà più frequente, notare attività appena al di sotto di essa.
In altri periodi dell’anno invece, come agli inizi della stagione, la transizione richiederà tempi maggiori e le subimmagini tenderanno a stazionare sulla superficie per tutto il tempo necessario a far dispiegare ed asciugare le ali; la deriva sarà più lunga nel tempo e nello spazio ed ovviamente questa condizione porterà il pesce a cibarsi con una certa insistenza anche in superficie.
Su questi ed altri argomenti mi piace segnalare la lettura di un bellissimo articolo scritto da Giordano Montesi e pubblicato a questo link sul sito della SIM.
La realizzazione di una mosca efficace allora non può non tener conto di queste considerazioni ed ovviamente in questo contesto assumono importanza anche le valutazioni di ciascun costruttore.
Senza voler avere la presunzione di proporre alcunché di nuovo e senza pretesa di aver ragione, in questi anni ho maturato la convinzione che una particolare tipologia di dressing riesce a rispondere meglio di altri proprio nelle condizioni in cui gli sfarfallamenti avvengono con periodi di transizione apprezzabili e con derive più o meno lunghe.
Si tratta di una rivisitazione della mitica F-Fly di Marjan Fratnik, il grande pescatore a mosca e costruttore sloveno che ha contribuito a far conoscere ed apprezzare proprio grazie alle sue mosche, il cul de canard.
LE FASI DI MONTAGGIO
Questa variante conserva la semplicità realizzativa della F-Fly originale, con pochi materiali e semplici passaggi costruttivi.
L’amo che scelgo per questa mosca è un Tiemco 103 BL #14;
Dopo aver fissato il filo, un 8/0 di colore verde oliva, procedo verso la curvatura cercando, con qualche passaggio ripetuto, di creare un minimo di conicità.
Giunti alla curvatura fisso le code: qualche barba della piuma di gallopardo disponendole a ventaglio.
Subito dopo fisso anche il filo di seta giallo oro per il successivo ribbing dell’addome.
Il corpo o meglio l’addome, lo realizzo in dubbing fine e sottile, in materiale con un buon coefficiente di gallegiabilità, come il kapok che da un po’ di tempo a questa parte è diventato l’ingrediente fondamentale, se non l’unico, dei dubbing che realizzo. In questo caso il dubbing è tinto in verde oliva.
Finito l’addome realizzo il ribbing e fisso la seta con un paio di giri di filo di montaggio.
A questo punto monto le ali: 2 o 3 piume di cul de canard in light blue dun, sovrapposte e montate piatte sul gambo dell’amo alla lunghezza desiderata.
Per scegliere la lunghezza giusta, dopo aver posizionato le piume di cdc, le fisso con pochi giri di filo di montaggio, senza serrare troppo le spire in modo da avere la possibilità di spostare le piume. Appena dopo averle fissate realizzo un’asolina con il filo di montaggio.
Per il torace mi affido sempre al dubbing ma in questo caso preferisco scegliere il pelo dell’orecchio di lepre con il quale realizzo anche le zampe montandolo in asola.
Un giro di dubbing dietro le ali e un paio di giri davanti, mantenendo uno spazio libero per la testina in filo di montaggio tinto marrone.
Dal punto di vista realizzativo, come ho scritto poco più su, questa mosca è semplicissima e molto veloce da costruire ma nonostante questa semplicità, mi ha sempre regalato bellissime catture anche dove altre mosche avevano fallito.
Probabilmente dipende dal fatto che riesce ad imitare piuttosto bene la fase della deriva della subimmagine appena dopo la muta, grazie al dubbing che si presta bene a rimanere intrappolato nella tensione superficiale e probabilmente anche al fatto che si tratta di una mosca “morbida” e relativamente eterea.
Il suo limite (ammesso che vogliamo considerarlo tale) è rappresentato solo dalla necessità di asciugarla bene, soprattutto dopo la cattura altrimenti è facile che si perda al di sotto della tensione superficiale iniziando a lavorare come una sommersa; anche in tal caso però è tutto fuorché inefficace…
Peraltro, come ampiamente riconosciuto alla F-Fly originale, si presta ad imitare anche altre effimere e variando qualche particolare anche tricotteri e piccoli plecotteri.
Insomma un dressing che vale la pena di conoscere sia in questa variante, sia soprattutto nella versione originale del grande Marjan Fratnik.
A cura della S.I.M. – Gruppo Entomologia e Costruzione