lunedì , 18 Marzo 2024

I pesci e gli insetti del fiume – Efemerotteri

I PESCI E GLI INSETTI DEL FIUME

FATTORI CHE CONDIZIONANO GLI ECOSISTEMI FLUVIALI

LA VITA DEGLI INSETTI CHE VI ABITANO: GLI EFEMEROTTERI

di Giordano Montesi

 

Saper affrontare ogni situazione di pesca è la massima aspirazione di ogni pescatore a mosca.
La cosa però (o fortunatamente) non è facile in quanto occorre non solo spirito di osservazione, abilità di lancio, ecc., ma anche conoscenza precise riguardanti il comportamento dei pesci e degli insetti, nonché i fattori che condizionano gli ecosistemi fluviali e la vita degli esseri viventi che vi abitano.
Tali cognizioni, spesso sottovalutate, sono irrinunciabili se vogliamo veramente e su basi logiche indirizzare la nostra azione di pesca, piuttosto che lanciare più o meno come capita la mosca sull’acqua e sperare nella buona sorte.
Ho notato che molti pescatori hanno una buona conoscenza dei vari artificiali più o meno famosi, ma stranamente non conoscono il comportamento degli insetti che tali imitazioni vogliono riprodurre. E’ certamente importante conoscere i vari modelli di artificiali, ma diventa del tutto inutile se non sappiamo come, dove e quando utilizzarli.
Per chiarire meglio tali concetti, voglio riportare alcuni degli errori più comuni che ho potuto osservare. Molte volte, durante una massiccia ovideposizione di Ephemerella ignita, ho visto pescatori disperarsi per il fatto di non avere tale imitazione oppure pronunciare la fatidica frase: “In questo fiume non ci sono trote perché con tutte queste effimere che volano si sarebbero dovute vedere molte bollate e invece….”.
E invece, evidentemente, non sanno che può essere del tutto normale l’assenza delle bollate in tale situazione e che, se non ci sono altre effimere o schiuse, sarebbe meglio utilizzare una grossa mosca da caccia.
La spiegazione è estremamente semplice e deriva dal tipo di ovideposizione attuata dalla E. ignita: le femmine volano, toccano ma non si adagiano sull’acqua quando lasciano la masserella di uova pendente dall’addome.
In altre parole anche se noi vediamo molte effimere, queste non sono possibili prede per i pesci che quindi non si mettono in attività. Solo in certe situazioni, esempio a causa di particolari costrizioni ambientali, le immagini femmine della E. ignita cadono sull’acqua e solo allora diventa importante o indispensabile l’uso della relativa imitazione.
Allo stesso modo è del tutto inutile pescare con un’imitazione di ninfa emergente di Siphlonurus lacustris per il semplice fatto che la schiusa avviene fuori dall’acqua, cioè dopo che la ninfa ha raggiunto la riva strisciando sul fondale.
Errori di questo genere sono molto comuni ed il solo modo per evitarli consiste proprio nella conoscenza del comportamento degli insetti che utilizziamo per le nostre imitazioni.
In senso più ampio dobbiamo vedere il fiume come un ecosistema, cioè un insieme costituito da organismi di specie diverse (biocenosi) e dall’ambiente fisico abitato (biotopo).
All’interno dell’ecosistema le specie viventi sia animali che vegetali intrecciano relazioni sia tra individui della stessa specie (relazioni intraspecifiche) come ad esempio la competizione, l’effetto di gruppo, ecc. sia tra specie diverse (relazioni interspecifiche) come ad esempio la predazione, il parassitismo, la catena alimentare, la simbiosi, ecc.
Non meno importanti sono poi le relazioni che gli esseri viventi stabiliscono con l’ambiente, i cui elementi prendono il nome di fattori abiotici, es. luce, temperatura, natura del substrato, ecc.
Conoscere i meccanismi che regolano l’ecosistema fluviale è senz’altro un grosso vantaggio per il pescatore a mosca. Per ora ci limiteremo a prendere in considerazione la distribuzione, il comportamento delle effimere e le conseguenze che ne derivano sulle modalità di nutrizione ed il tipo di bollata delle trote.

Come tutti sappiamo il ciclo vitale delle effimere è diviso in quattro stadi: uovo, neanide e ninfa, subimmagine, immagine. Il ciclo può essere univoltino, cioè una sola generazione l’anno (Rhithrogena, Oligoneuriella), polivoltino, cioè due o più generazioni l’anno di cui quella invernale di dimensioni maggiori rispetto a quella estiva (Ecdyonurus, Baetis) o semivoltino cioè una generazione ogni due anni (Ephemera, Ephoron).
Lo stadio di ninfa ha una durata che varia con la specie, la temperatura dell’acqua ed il tipo di ciclo, da pochi mesi per le specie polivoltine a due anni per le semivoltine. Dopo che la neanide è uscita dall’uovo subisce tutta una serie di trasformazioni ed accrescimenti, che la porteranno a ninfa matura. Le neanidi sono prive di branchie e del paracerco, che compaiono intorno alla decima trasformazione; verso la quindicesima compaiono le pteroteche. La ninfa subirà ancora altre dieci o quindici trasformazioni. Alla fine di ognuna la ninfa perde la vecchia cuticola, presenta una colorazione biancastra e subisce un rapido accrescimento prima che la nuova cuticola si indurisca, assumendo la tipica colorazione più scura.
Gli efemerotteri hanno un ruolo fondamentale nella catena alimentare delle acque dolci, rappresentando il livello dei consumatori primari, in altre parole gli erbivori, con una notevole quantità di biomassa da cui dipende il numero e la consistenza di molte specie di livello successivo nella catena alimentare ed in particolare dei pesci. Una diminuzione della quantità di efemerotteri dovuta ad esempio all’inquinamento, ha come conseguenza un notevole decremento della popolazione dei pesci.
In genere le effimere adottano comportamenti atti a celarsi ai predatori, però ci sono certe occasioni in cui il pesce può facilmente cibarsi di tali insetti: nei fenomeni di deriva (trascinamento degli insetti acquatici da parte della corrente durante la ovideposizione) e soprattutto durante la fase di passaggio da ninfa a subimmagine.
Da quanto detto finora risulta evidente che pescare a mosca significa soprattutto adattarsi alla situazione momentanea del fiume, dopo una accurata osservazione supportata da un minimo di conoscenze entomologiche. Questo non significa dovere imparare a memoria tutte le piccole differenze morfologiche che caratterizzano le specie di effimere presenti sul territorio nazionale, ma avere quelle poche ma basilari nozioni per valutare il comportamento degli insetti e quindi quello dei pesci.
Del resto le modalità di schiusa e di ovideposizione non sono molte e le varie specie di effimere possono adottare un sistema o l’altro con il variare delle condizioni ambientali.
Basta quindi avere idee chiare sui vari comportamenti per saperle riconoscere e quindi per essere in grado di comportarsi di conseguenza.
Una operazione preliminare all’azione di pesca è l’osservazione del fondale e delle ninfe che vi abitano, questo perché non sempre ci troviamo di fronte ad una schiusa evidente per poter osservare gli insetti alati; le ninfe invece ci sono sempre in qualsiasi momento della giornata e, compatibilmente con il rispettivo ciclo, in qualsiasi giorno dell’anno.
Gli stadi larvali sono quindi la fonte di informazione più costante e sapere riconoscere il genere è cosa piuttosto semplice, ma stranamente pochi sono i pescatori che vi dedicano la necessaria attenzione.
Bastano poche osservazioni per imparare a conoscere la distribuzione delle differenti specie nelle varie zone del fiume, ad esempio quelle che abitano nelle distese di alghe con acque non molto veloci, le altre che preferiscono ambienti reofili ecc., così come altrettanto facile risulta il riconoscimento delle ninfe ormai prossime alla esclosione.
Penso che sia evidente l’importanza del conoscere il posto esatto dove la trota può trovare il cibo nel tratto di fiume abitato, così come è inequivocabilmente vantaggioso per il pescatore sapere anticipatamente quale specie è prossima alla schiusa per avere un’idea del tipo di imitazione da adottare. Per sapere tutto ciò basta sollevare qualche sasso ed osservare le ninfe.

Lo stadio larvale degli efemerotteri, così come quello di altri insetti acquatici, è costituito da un capo ben differenziato dotato di antenne, due occhi composti e tre ocelli semplici. L’apparato boccale è di tipo masticatore, atto a triturare vegetali e detriti, anche se occasionalmente alcune specie sono carnivore predatrici (Ephemera, Cloeon, Ephemerella, Ecdyonurus e Baetis).
Il torace è costituito da tre segmenti: pro-meso-metatorace. Ciascuno di essi è diviso in una parte superiore (noto), due laterali (pleure) ed una ventrale (sterno). Ogni segmento è dotato di un paio di zampe articolate inserite tra  pleure e sterno, costituito da coxa, trocantere, femore, tibia, tarso a sua volta diviso in più articoli, l’ultimo dei quali dotato di unghie. Il meso ed il metanoto sono dotati di estroflessioni sarciformi (astucci alari o pteroteche).
L’addome è formato da undici segmenti (uriti), ognuno di essi si distingue in urotergo (dorsalmente) ed urosterno (ventralmente) e porta lateralmente o dorsalmente un paio di branchie per la respirazione.

Le effimere vengono divise in base alla morfologia dei loro stadi ninfali in:

1) Forme litofile o piatte (Epeorus, Ecdyonurus, Rhithrogena, Heptagenia, Oligoneuriella). Questi generi abitano principalmente le acque a forte corrente con fondali sassosi. La capacità di poter colonizzare ambienti fortemente reofili è determinata dalla forma appiattita del corpo sagomato in modo tale che l’acqua, fluendo sulla ninfa, eserciti una pressione verso il basso, favorendo l’adesione al fondale, nonché da particolari strutture atte a mantenere il contatto con il substrato. In Ecdyonurus particolari espansioni laterali della parte anteriore del torace e placchette orientabili sulle zampe, impediscono all’acqua di passare sotto l’animale evitandone il sollevamento determinando cioè esattamente “l’effetto suolo” delle minigonne che si usavano nelle auto di formula uno. In Epeorus si nota invece la riduzione delle strutture sporgenti cioè del paracerco (la codina centrale), in Rhithrogena si assiste alla modifica del primo paio di tracheobranchie che si espandono notevolmente per assumere il ruolo di ventose.

2) Forme nuotatrici (iponeofile). Si ritrovano soprattutto nella acque calme o moderate dove nuotano velocemente grazie alla propulsione fornita dai cerci frangiati. Sono caratterizzate da un corpo affusolato e da zampe sottili. I generi più comuni sono Cloeon, Procloeon, Centroptilum, Baetis, Siphlonurus, Leptophlebia e Habrophlebia. In queste ninfe anche le branchie, appositamente a forma lamellare, cooperano allo spostamento. Un terzo mezzo di propulsione tra le ninfe nuotatrici è  determinato dalla spinta generata dall’acqua espulsa con forza dal proctodeo, qualcosa di simile alla propulsione delle seppie e dei calamari.

3) Forme striscianti (erpofile) abitano soprattutto in acque non troppo veloci con fondali ricchi di detriti. Hanno un corpo più tozzo e zampe più robuste rispetto alle ninfe nuotatrici, i generi più comuni sono Ephemerella, Caenis, Torleja. Queste ninfe possiedono uno sviluppato rivestimento pilifero del corpo al quale rimane attaccata una certa quantità di fango che permette il mimetismo dell’insetto. Poiché queste ninfe devono spostarsi strisciando nel fango, hanno adottato sistemi per proteggere le branchie. In Caenis ad esempio quelle del primo segmento si sono atrofizzate, mentre quelle del segmento successivo hanno perso la loro funzione respiratoria ma si sono notevolmente espanse ricoprendo e proteggendo tutte le altre che si trovano nei segmenti successivi. In Ephemera le branchie hanno assunto una struttura bifida e sono coperte da una lamella protettiva.

4) Forme scavatrici (orittofile) dotate di mandibole sviluppate ed atte a scavare. In effetti tali ninfe vivono generalmente in tunnel nei fondali sabbiosi, argillosi o negli interstizi del substrato. A questo tipo appartengono i generi Ephemera e Polymitarcis.

Da quanto appena detto le caratteristiche del fondale, la granulometria (dimensione dei sassi) e la velocità dell’acqua determinano una diversa distribuzione della varie forme ninfali. Tale zonazione deve essere tenuta in considerazione durante l’azione di pesca.

E’ opportuno precisare, inoltre, che la distribuzione sopra descritta ha subito negli ultimi anni una certa modifica a causa dalle alterazioni provocate dall’uomo, principalmente dovute all’inquinamento. Alcune specie infatti sopportano male le alterazioni del loro ambiente (specie stenoecie) altre invece sono molto più tolleranti e riescono a vivere anche in presenza di modificazioni dell’habitat, compreso un certo grado di inquinamento (specie euriecie).
La nicchia ecologica lasciata vuota dalla scomparsa di una specie è  subito occupata da una specie maggiormente euriecia, anche se meno specializzata per quel determinato habitat.
Credo opportuno riportare un elenco dei generi e la loro adattabilità all’inquinamento.
Tra le ninfe litofile Epeorus è quella che necessita acque più pulite e può essere considerato un ottimo indicatore biologico di un ambiente non inquinato.
Ecdyonurus e Rhithrogena riescono a sopportare moderatamente alcune forme di inquinamento. Decisamente più tollerante è in genere Heptagenia che, sebbene faccia parte delle ninfe piatte cioè reofile, può colonizzare acque di fondovalle ricche di sostanza organica. Anche l’Oligoneuriella rhenana è abbastanza resistente all’inquinamento organico.
Tra le ninfe nuotatrici quelle che meglio riescono a sopportare modificazioni del proprio ambiente ed un grado di inquinamento piuttosto elevato sono: Baetis e Cloeon.
Centroptilum e Procloeon presentano una certa resistenza all’inquinamento organico, anche se non così  spiccata come i genere sopra riportati. Siphlonurus preferisce invece acque più limpide e ricche di vegetazione.
Delle ninfe erpofile ricordiamo Caenis ed Ephemerella come molto resistenti ad alterazioni ed inquinamento. Le Caenis addirittura vivono bene anche nei tratti a valle di cave, che con il lavaggio della ghiaia ricoprono il fondale di un limo a volte anche consistente.
Le effimere della famiglia Leptophlebidae presentano una marcata tendenza euriecia e una moderata forma di resistenza all’inquinamento.
Le ninfe scavatrici che troviamo sul territorio italiano, cioè Polymitarcis ed Ephemera, sopportano entrambe una moderata forma di resistenza all’inquinamento organico.
Per l’azione di pesca, ancora più importante della distribuzione, è il comportamento delle varie specie soprattutto durante il passaggio da ninfa a subimmagine o durante l’ovideposizione.
Come già accennato ci sono differenti modalità di schiusa che sono relativamente costanti per le varie specie, anche se possono essere modificate al mutare dei fattori ambientali.
I fattori principali che influenzano le modalità ed il periodo di passaggio a subimmagine sono: l’intensità della corrente, la temperatura, la pressione atmosferica, l’umidità dell’aria, la luminosità e l’altitudine oltre che naturalmente alla stagione e all’ora.

Ci sono quattro modalità principali di schiusa:

1) ninfe che si portano sulla riva, fuori dall’acqua e poi schiudono, tale tendenza è stata riscontrata in: Siphlonurus, Paraleptophlebia, Leptophlebia vespertina. E’ ovvio che se le ninfe schiudono sulla riva fuori dall’acqua, non vedremo attività in superficie, al massimo potremmo osservare trote che si cibano sul fondo con i caratteristici avvitamenti che servono sia a sollevare la ninfa dal fondo, sia a permettere alla trota di afferrarla con il lato della bocca. In altri casi è possibile vedere la trota stazionare con la coda verso l’alto e disegnare, in acque basse, cerchi sulla superficie simili a bollate. In tali situazioni ovviamente è del tutto inutile aspettare di vedere bollate in superficie.

2) ninfe che schiudono aggrappandosi con le zampe anteriori ad un oggetto emergente o galleggiante, come in Habrophlebia fusca, Epeorus. Questo secondo caso non è molto favorevole alla pesca perché l’insetto difficilmente viene trascinato dalla corrente. A questo si aggiunga il fatto che l’Habrophlebia fusca preferisce le schiudere di notte.

3) ninfe che schiudono sul fondo o prima di arrivare alla superficie come in: Epeorus, Ecdyonurus helveticus; Migliore, anche se non ottimale, è questa terza modalità. In questo caso è la subimmagine a nuotare attivamente verso la superficie e se la temperatura non è molto alta accade di vedere gli insetti che stazionano per un certo periodo di tempo sulla superficie, per cui è possibile osservare bollate con rottura dell’acqua. Le risposte del pesce a questo modo di schiudere sono:

a) le classiche ninfate, con movimento a delfino se le subimmagini stentano a bucare la pellicola superficiale;
b) gli spostamenti laterali del pesce ed i rigonfiamenti dell’acqua, se prende le subimmagini in risalita;
c) le bollate in superficie, se le subimmagini stazionano per un certo periodo di tempo sulla superficie dell’acqua,  prima di prendere il volo;

Per quanto detto sopra, la nostra azione di pesca deve essere indirizzata di conseguenza, considerando l’attività del pesce che sarà, a sua volta, relativa alle migliori possibilità di cattura dell’insetto. Quindi se le subimmagini non stazionano sulla superficie o lo fanno per un periodo molto breve è opportuno usare imitazioni sommerse richiamate verso l’alto, con movimenti atti a conferire una parvenza di vita. Se invece notiamo le subimmagini che rimangono abbastanza a lungo in superficie e le relative bollate, è segno evidente che la percentuale di insetti che stazionano in superficie è sufficientemente alta da richiamare l’attenzione del pesce, per cui è ovvio che la nostra azione di pesca va effettuata con mosche secche appropriate.

4) ninfe che schiudono in superficie: Caenis, Cloeon cognatum, Baetis pseudoatrebatinus, Choroterpes picteti, Rhithrogena, Ecdyonurus fluminum, Heptagenia, Leptophlebia vespertina, Potamanthus, Baetis rhodani, Ephemerella ignita. Quest’ultimo modo è quello generalmente più favorevole alla pesca, però è opportuno fare delle appropriate distinzioni.

Prendiamo il caso di una schiusa d’inizio stagione, per esempio Baetis rhodani. Questa effimera, così come molte altre, ha l’abitudine di fare continue risalite verso la superficie prima di quella definitiva.
Questo comportamento mette in attività le trote che vedremo, all’inizio, assumere una posizione di caccia sul fondo con continui spostamenti laterali. Man mano che la schiusa progredisce e sempre più ninfe salgono alla superficie anche la trota sposterà la sua posizione a mezz’acqua (se il fondale è sufficientemente profondo), aumentando anche l’ampiezza degli spostamenti laterali. Successivamente le ninfe si ancoreranno definitivamente sulla superficie grazie al gas che si è formato all’interno della cuticola, fornendo all’insetto un caratteristico aspetto traslucido. Il momento della trasformazione è vicino, ma, a causa della temperatura non molto alta, (siamo all’inizio stagione) il metabolismo dell’insetto è rallentato per cui la ninfa compie un tragitto di deriva piuttosto lungo prima che la subimmagine esca dalla exuvia. A questo punto l’attività del pesce sarà rivolta alla superficie per cui possiamo notare prima i rigonfiamenti dell’acqua causati dal pesce che prende ninfe in risalita, poi la classica ninfata testa-coda su ninfe ferme sulla pellicola superficiale. Questa fase, a volte brevissima od addirittura inesistente, viene superata al momento che le subimmagini escono dalla cuticola ninfale. Sempre a causa della bassa temperatura il volo dell’insetto alato non avviene subito, ma la nostra subimmagine stazionerà per un periodo di tempo relativamente lungo, vibrando le ali ed abbozzando brevissimi voli, finché i muscoli non si sono sufficientemente riscaldati per poter permettere un movimento delle ali sufficiente a sostenere il volo.
Naturalmente tali subimmagini alla deriva attireranno l’attenzione della trota che inizierà le bollate di superficie, rompendo l’acqua e risucchiando l’insetto (da cui il caratteristico rumore).
Generalmente all’inizio di tale fase la trota tenderà a riacquistare una posizione a mezz’acqua se il fondale è sufficientemente alto. Altre volte accade che se gli insetti alati che derivano sono in numero consistente, la trota si posizionerà più verso la superficie, bollando anche con spostamenti laterali sulla maggior parte degli insetti che passano.
Quando la trota si trova di fronte all’abbondanza di cibo tende a diventare selettiva, però in questo periodo dell’anno lo è molto meno a causa della carenza di schiuse e di scelta degli insetti. In poche parole la schiusa di Baetis rhodani di inizio stagione è quanto di meglio possiamo sperare per la pesca a mosca secca.
Le bollate, anche se sono rumorose, sono ad anello singolo perché generalmente, visto l’intorpidimento dell’insetto, non è necessaria una grande veemenza nell’attacco.

Prendiamo in considerazione una schiusa di Baetis rhodani o di Ephemerella ignita a stagione avanzata o in piena estate. Il comportamento di schiusa è simile a quello già descritto, solo che le fasi sono accelerate ed il tempo di permanenza della ninfa, ancorata alla pellicola superficiale, è molto breve, così come quello della subimmagine sull’acqua.
La trota è quindi meno interessata agli stadi alati dell’insetto, ma l’attenzione è rivolta soprattutto alle ninfe emergenti. Sia nel caso che attacchi queste ultime o gli stadi alati, dovrà farlo con una maggiore velocità altrimenti l’insetto sarà già volato via prima dell’arrivo del pesce, per cui è molto più facile che la rottura dell’acqua avvenga non solamente con la testa ma anche con il dorso: da cui la tipica bollata a doppio anello.
Questo non significa che tutte le volte che vediamo Ephemerelle sull’acqua dobbiamo aspettarci la bollata a doppio anello, perché se le condizioni non sono ottimali, ad esempio a causa di un eccesso di temperatura dell’acqua o durante una schiusa di inizio stagione, il comportamento di questa specie sarà del tutto simile a quanto descritto per la Baetis rhodani, così come pure quello della trota.

Lo stadio di subimmagine è  quello che caratterizza maggiormente le effimere perché  nessun altro ordine di insetti ha uno stadio alato larvale. Per questo le effimere vengono racchiuse nel gruppo prometaboli.
Le subimmagini sono caratterizzate da colori smorti, le ali opalescenti sono ricoperte da una sottile peluria che le rende impermeabili. Naturalmente sono dotate da un sistema di trachee al posto delle branchie che permette loro la respirazione in ambiente aereo ed hanno l’apparato boccale atrofizzato per cui l’insetto, non potendosi alimentare, è  destinato alla morte una volta terminato il liquido immagazzinato nel proprio intestino.
La subimmagine ha giusto il tempo di compiere l’ultima muta (generalmente dopo 6-36 ore dall’uscita dall’acqua) e riprodursi.
Effettuata quest’ultima metamorfosi l’insetto assumerà  un aspetto più  esile, colori più  brillanti e le ali diverranno trasparenti, cioè l’aspetto della parata nuziale.
Questa muta avviene generalmente mentre l’insetto è attaccato in posizione verticale con la testa in alto. Si conosce anche la possibilità di metamorfosi in volo (Oligoneuriella rhenana).
I maschi, spesso in fitti sciami, eseguono la loro danza richiamando le femmine. Essi si innalzano più  o meno verticalmente con un vivace battito di ali, per scendere poi in picchiata ad ali aperte.
I maschi per meglio individuare le femmine sono dotati di occhi composti molto sviluppati, che assumono a volte una caratteristica forma a turbante, atti a consentire la visione anche nella semioscurità delle ore notturne.
Se una femmina attirata dal volo dei maschi si insinua nello sciame, viene prontamente afferrata dalle lunghe zampe di un maschio che si aggancia con i gonostili del nono segmento addominale alla estremità posteriore del corpo della femmina.
Il maschio, più  piccolo, rimane appeso con le ali ripiegate sul dorso alla parte inferiore del corpo della compagna che si abbassa lentamente. In prossimità del suolo i due si separano. Avviene in questo modo la copula e la fecondazione delle uova.
Ora la femmina può  adempiere all’ovideposizione lasciando, a seconda della specie, qualche centinaio o qualche migliaio di uova dalla forma subsferica.
E’ noto anche il caso di ovoviviparità  (Cloeon cognatum) cioè deposizione di larve già schiuse. E’ stata accertata anche la possibilità di partenogenesi, cioè lo sviluppo di uova non fecondate dal maschio. Un’altra eccezione alla regola è il caso della femmina di Choroterpes picteti che si riproduce allo stadio subimmaginale.
Frequentemente le uova vengono accumulate nella parte terminale dell’addome in ammassi gelatinosi di forma e dimensioni caratteristici a seconda della specie. A contatto con l’acqua, le uova dotate di strutture adesive, si rigonfiano affondando ed aderiscono al substrato.
La femmina generalmente muore dopo l’ovideposizione, in qualche caso per facilitare l’espulsione delle uova, si assiste alla rottura dell’addome con fuoriuscita degli ovidotti (Polymitarcis virgo, Choroterpes picteti) e dell’apparato digerente (Caenis).

Passiamo ora a considerare un altro momento cruciale della vita delle effimere: l’ovideposizione.

Anche in questo caso ci sono diverse possibilità non tutte ugualmente favorevoli per il pescatore per il solito motivo che non tutte causano deriva degli insetti sull’acqua.
Il caso più sfavorevole alla pesca lo possiamo osservare in Habrophlebia modesta che lascia le proprie uova strisciando l’addome sul bagnasciuga senza quindi alcuna possibilità di contatto con i pesci.
Ugualmente poco favorevole alla pesca è il tipo di ovideposizione attuata da Epeorus assimilis, Ecdyonurus helveticus e venosus, Habrophlebia, che lasciano le uova dopo essersi posate su un sasso affiorante, immergendo ripetutamente l’addome.
In altri casi (es. E. ignita, R. semicolorata, varie specie di Ecdyonurus, Paraleptophlebia, Leptophlebia e Habrophlebia) la femmina lascia l’intera masserella di uova durante il volo toccando leggermente la superficie dell’acqua con la punta dell’addome. Analogo sistema, anche se ripetuto più volte, lo ritroviamo in E. venosus, dispar ed helveticus, Cloeon cognatum, Ephemera. Quando assistiamo a questo tipo di ovideposizione non è detto che la femmina morente cada sull’acqua per cui l’attività del pesce è subordinata a tale presenza da verificare di volta in volta.
Un po’ diverso è il caso dell’Heptagenia che si posa ripetutamente sull’acqua per alcuni secondi lasciando ogni volta una parte delle uova, finché esausta e morente si abbandona definitivamente sulla superficie dell’acqua.
Decisamente più favorevole per l’azione di pesca è il caso di molte specie di Baetis, delle Caenis e dell’Oligoneuriella che si posano sull’acqua ad ali aperte senza più riprendere il volo. Addirittura nel caso delle Caenis si assiste alla rottura degli ultimi segmenti dell’addome permettendo la fuoriuscita delle uova.
Egualmente importante è il caso delle Baetis (rhodani, muticus, scambus, tenax, niger, vernus, bioculatus, dorieri) che si immergono fino ad arrivare sul fondo dove lasciano le uova. Una parte considerevole degli insetti non riesce poi a risalire e bucare la pellicola superficiale venendo trascinata dalla corrente. E’ naturale che sia questa situazione, così come la precedente, mette in attività i pesci, che si nutrono senza grosso dispendio di energie, vista l’impossibilità della preda di scappare. L’attacco del pesce viene effettuato con movimenti lenti (corrente permettendo) e con una bollata delicata che rompe appena la superficie dell’acqua (per gli inglesi: “supping rice” letteralmente “bollata sorbita”).
Da tenere in considerazione è il fatto che la linea di deriva degli insetti può essere diversa a seconda se l’effimera è trascinata quando si è posata sulla superficie dell’acqua o dopo che si è immersa verso il fondo, oppure se è una ninfa in fase di emersione. Questo significa che la posizione di caccia della trota può cambiare (anche se non necessariamente) in relazione delle varie linee di deriva, che dipendono a loro volta, oltre che dal comportamento dell’insetto e dalle asperità del fondale, anche dal livello delle acque.
Questo sta a significare che peschiamo abitualmente negli stessi posti dobbiamo sforzarci ogni volta di osservare la situazione e comportarci di conseguenza, piuttosto, come spesso accade che battere sempre i medesimi punti in maniera meccanica.
A questo proposito dobbiamo anche ricordarci che la posizione di caccia della trota varia anche con le stagioni.
Questo è determinato oltre che dal tipo di schiusa in atto anche da un altro fattore molto importante cioè la temperatura dell’acqua, che condiziona a sua volta in maniera inversamente proporzionale la concentrazione dell’ossigeno, cioè tanto più l’acqua è calda tanto minore sarà la concentrazione dell’ossigeno presente.
Sappiamo tutti quanto è importante la concentrazione di questo elemento per la trota il cui valore ottimale si aggira intorno ai 10 mg/l e basta la variazione di qualche grado per determinare un cambiamento consistente nella quantità di ossigeno presente. E’ questa la ragione per cui all’inizio stagione possiamo trovare trote in attività anche nelle ore più calde nelle acque basse ed intensamente illuminata di fondo valle, cosa che sarà assolutamente impensabile in estate quando la trota preferisce generalmente, salvo particolari condizioni meteorologiche, le sponde ombrose, le acque meno basse e più veloci ed orari ai limiti della giornata per evitare di entrare in affanno. Da quanto sopra detto risulta chiaro che dobbiamo imparare a decifrare quanto sta accadendo sul fiume per poterci regolare di conseguenza.
E’ del tutto sbagliato poi assumere comportamenti fissi e regole categoriche senza un’esatta valutazione di tutto quello che condiziona il comportamento delle trote e delle effimere.
Così come del tutto sterile è la diatriba tipicamente inglese se bollata della trota sulla Ephemerella ignita sia reniforme o no. Perché alla luce di quanto detto la forma di quest’ultima dipende dalla posizione e dall’energia che la trota mette nell’attacco, in relazione al comportamento ed ai tempi di schiusa dell’Ephemerella ignita, che possono cambiare con il mutare dei fattori condizionanti la schiusa stessa.
In altre parole la capacità di adattamento e l’elasticità mentale sono prerogative essenziali per una corretta azione di pesca, il tutto supportato naturalmente da una conoscenza quanto più possibile esatta dei fattori condizionanti la vita ed il comportamento dei pesci.
Queste considerazioni fatte sono solo alcuni dei fattori che regolano il comportamento e le modalità di nutrizione della trota che sono a loro volta subordinati a regole più generali derivanti dalle relazioni intercorrenti all’interno di un ecosistema fluviale.
Come più volte detto la conoscenza di tali meccanismi da la possibilità di aumentare notevolmente il numero delle catture, ma questo è ben poca cosa rispetto all’orizzonte che ci si apre: la possibilità di interpretare l’armonica complessità che regola la natura e come tutti i meccanismi si completano a vicenda in un equilibrio fatto di mille sfaccettature, tutte così importanti ed interdipendenti.
L’opportunità di comprendere questo incredibile mosaico è subordinata, oltre che a conoscenze oggettive, alla doverosa umiltà con la quale dobbiamo affrontare il fiume per stabilire un dialogo fatto non di parole, non di volontà di sopraffazione o di rapina, ma di sfumature, di osservazione di piccoli fenomeni, di sensazioni e di rispettosa partecipazione come unica strada per capire e sentirsi parte integrante del mondo naturale intorno a noi, da cui, non dimentichiamo, dipende la nostra stessa esistenza.

Giordano Montesi (Scuola Italiana di pesca a Mosca)

 

About Roberto

Approdato alla pesca con la mosca artificiale nel 1976, ne trae il massimo della soddisfazione grazie al connubio con la passione della fotografia e delle scienze naturali.
CHIUDI
CHIUDI