I PESCI E GLI INSETTI DEL FIUME
LA VITA DEGLI INSETTI CHE VI ABITANO: I TRICOTTERI
Ritengo doveroso prendere in considerazione l’ordine dei Tricotteri, visto che anche questo gruppo di insetti riveste un ruolo importante nell’alimentazione delle trote, soprattutto gli aspetti che più interessano al pescatore e cioè in che misura e con quali modalità questi insetti vengono predati dai pesci. Inizio spendendo qualche parola sulle loro caratteristiche giusto per inquadrare il gruppo di insetti che stiamo prendendo in considerazione.
L’ordine dei Tricotteri comprende oltre 5000 specie di cui 330 vivono in Italia.Sono insetti di piccole o medie dimensioni (da 3mm a 5cm) che devono il loro alle ali ricoperte di peli delle immagini il cui aspetto è molto simile a quello dei Lepidotteri. Le ali, in fase di riposo, vengono tenute aderenti al corpo come gli spioveti di un tetto.
I tricotteri sono insetti a metamorfosi completa la cui vita passa attraverso di uovo, ninfa, pupa e adulto.
Le ninfe conducono una vita acquatica e sono spesso dotate di un astuccio costruito con sabbia, sassolini, elementi vegetali, conchiglie di gasteropodi o lamellibranchi, un semplice rametto cavo oppure semplicemente una secrezione sericea. Ogni specie costruisce un astuccio particolare per forma e materiale utilizzato.
In tali tubuli che possono essere diritti, incurvati, elicoidali o sferici vivono le larve che, in molti casi trasportano come lumache il proprio guscio. In altri casi i tubuli vengono fissati al substrato.
Alcune specie non costruiscono nessun astuccio a conducono una vita libera predando altri organismi. I loro occhi sono rivolti anteriormente, mentre nelle ninfe erbivore sono laterali, hanno il corpo appiattito e sono prive di branchie laterali esterne tipiche delle forme con astuccio.
I tricotteri vengono suddivisi in base al numero degli articoli che compongono le appendici boccali o palpi.
Se il maschio e la femmina hanno lo stesso numero di articoli appartengono al gruppo degli Equipalpi, se tale numero è differente nei due sessi il gruppo quello degli Inequipalpi. Se invece l’ultimo articolo è suddiviso in anelli più stretti vengono detti Annulipalpi diversamente Integripalpi.
Le ninfe presentano un aspetto di bruco ed hanno il corpo diviso in tre parti: capo, torace(a sua costituito da tre segmenti:il pronoto dotato di strutture gonfiabili necessarie per adattare l’insetto all’astuccio, il mesonoto ed infine il metanoto. La parte finale del corpo è costituita dall’addome diviso a sua volta da 9 o 10 segmenti forniti spesso di lamelle branchiali per la respirazione e di ganci per fissare il corpo all’astuccio o al substrato.
Le ninfe vengono divise in tre grandi gruppi in base all’inclinazione del capo riaspetto al corpo.
1) Se il capo è in linea con il torace la larva è chiamata campodeiforme. Questo è il caso delle specie predatrici, prive di astuccio trasportabile (per questo dette anoiche) come ad esempio quelle del genere Rhyacophila.
2) Se il capo è più inclinato rispetto all’asse del corpo le ninfe vengono chiamate eruciformi. Questo secondo caso è quello delle ninfe erbivore dotate di astuccio e per questo dette anche evoiche o coleofore. Gli occhi di queste larve si trovano ai lati del capo.
3) Esiste anche un caso intermedio a quelli riportati, cioè con un’angolazione non molto accentuata da cui il nome di suberuciformi. La larva p dotata di astuccio ed anche gli occhi si trovano in una posizione intermedia rispetto a quella della ninfe campodeiformi ed eruciformi. Queste specie sono praticamente onnivore.
Le famiglie che si nutrono di vegetali possono essere divise in: endofaghe: cioè che si nutrono perforando e succhiando le alghe filamentose come le Hydroptilidae o le ingoiano come le Glossomatidae e le Brachycentridae;
fillofaghe: cioè che si nutrono di foglie come le Leptoceridae e le Phryganeidae;
oriophaghe: cioè che si nutrono di legno come le Limnephilidae;
detritofaghe: cioè che si nutrono della vegetazione che incrosta le pietre e le piante sommerse (periphyton) come le Psychomidae, le Odontoceridae, Micrasema, Setodes.
Alcune specie campodeiformi tessono una rete in posizioni strategiche e si nutrono dei frammenti organici o dei piccoli organismi che rimangono impigliati.
La forma e le dimensioni delle reti variano da specie a specie: possono essere imbutiformi, a forma di tromba, a nido di rondine, a forma di sacco o suddiviso in più camere come le nasse da pesca.
Generalmente l’apertura di tali reti sono rivolte contro corrente per permettere la cattura degli organismi alla deriva.
Le famiglie più comuni che utilizzano reti da pesca sono: Philopotamidae, Polycentropodidae, Hydropsychidae.
Le specie che vivono in acqua stagnante tessono invece una serie di fili incrociati e, quando una possibile preda ne urta uno, la larva scatta molto velocemente e l’afferra trascinandola nella tana.
Altre vivono in lunghi canali sericei da loro costruiti ma la maggior parte conduce vita errabonda trasportando l’astuccio alla ricerca del cibo.
Tutte le specie però, dopo essere passati attraverso diversi stadi larvali (generalmente 5), subiscono la trasformazione in pupa all’interno di foderi larvali o loggette fisse da loro costruite dopo avere sigillato il foro di entrata.
A volte molti individui scelgono la stessa pietra o la stessa pianta in modo tale da formare un unico ammasso di centinaia o migliaia di astucci larvali.
Differentemente da tutti gli altri insetti, che in questo periodo di trasformazione rimangono immobili, le pupe dei tricotteri non conoscono momenti di tregua perché devono continuamente compiere movimenti respiratori atti a creare una corrente di acqua fresca necessaria per gli scambi di ossigeno e mantenere pulite le griglie dai corpi estranei che vi si accumulano aiutandosi con le mandibole e con le apposite setole.
La pupa si trasforma poi in immagine alata (manca la subimmagine degli efemerotteri) che conduce vita libera per giorni o addirittura mesi in quanto hanno, diversamente dalle effimere, la capacità di nutrirsi di linfe vegetali.
Dopo la fecondazione la femmina depone le uova ed il ciclo ricomincia. Praticamente tutte le acque dolci sono colonizzate dai tricotteri a patto che non siano inquinate. In effetti i Tricotteri sono considerati importanti indicatori biologici dello stato di salute delle acque. Alcune specie, come Hydropsyche pellucidula, Hydropsyche modesta e Ecnomus temellus, riescono a sopportare carichi organici anche abbastanza elevati.
Esiste un genere (Enoicyla) completamente terrestre. Alcune specie sono strettamente stenoecie altre invece riescono a colonizzare ambienti diversi, il risultato è che la quasi totalità delle acque dolci sono colonizzate dai tricotteri.
Viene ora riportata la zonazione di alcune specie italiane (tratto da “Tricotteri” di G. Moretti)
Le specie tipiche delle fredde acque montane sono:
Rhyacophila tristis, Catagapetus nigrans, Tinodes dives, Philopotamus montanus, Philopotamus ludificatus, Plectrocnemia conspersa, Diplectrona magna, Agrypnia pagetana, Drusus discolor, Cryptothrix nebulicola, Micropterna nycterobia, Silo nigricornis, Beraea maura, Crunoecia irrorata.
Più in basso, cioè nel torrente e nel fondo valle, si trovano:
Rhyacophila torrentium, Rhyacophila vulgaris, Plectrocnemia geniculata, Hydropsiche instabilis, Hydropsiche angustipennis, Potamophylax cingulatus, Potamophylax latipennis, Halesus radiatus, Allogamus antennatus, Allogamus auricollis, Sericostoma pedemontanus.
Nei fiumi di collina e pianura troviamo:
Rhyacophila dorsalis, Hydroptila angulata, Chimarra marginata, Hydropsiche pellucidula, Hydropsiche modesta, Cheumatopsyche lepida, Psychomyia pusilla, Polycentropus flavomaculatus, Tinodes Waeneri, Odontocerum albicorne.
Nella fascia litorale delle acque lacustri a fondale ciottoloso o con pietre ricoperte di alghe troviamo:
Hydroptila, Tinodes waeneri, Athrypsodes, Mystacides.
Negli acquitrini degli altipiani appenninici e nei laghetti alpini vivono:
Agrypnia varia, Grammotaulius nigropunctatus.
Gli stagni e le paludi sono colonizzati da:
Hydroptila, Orthotrichia, Ecnomus tenellus, Leptocerus tineiformis, Phryganea, Limnephilus, Oecetis, Triaenodes.
Nelle rocce bagnate da un velo d’acqua:
Stactobia, Tinodes maclachlani.
Fatta questa doverosa presentazione dell’ordine passiamo ora a prendere in esame il comportamento degli insetti ai fini della pesca. Anche in questo caso, così come per le effimere, gli stadi più redditizi sono quelli larvali, il momento della trasformazione in immagine ed il momento della deposizione delle uova.
Le trote si nutrono delle ninfe prendendole direttamente dal fondo mediante avvitamenti o in posizione più o meno verticale con la coda rivolta in alto. Questa attività di predazione è rivolta a larve che sono dotate di astucci mobili (Phryganeidae, Leptoceridae, Limnephilidae, Hydroptilidae, Helicopsychidae) o migratrici (Rhyacophilidae), perché risulta molto difficile riuscire a catturare le larve con astucci fissi (più o meno permanenti) che aderiscono alla parte inferiore delle pietre (Sericostomatidae, Odontoceridae, Glossomatidae, Branchycentridae) o quelle che vivono in gallerie (Psychomidae) o quelle che tessono reti da pesca (che in genere stanno nascoste come Hydropsychidae, Polycentropodidae, Phylopotamidae).
Come già detto, tutte le specie subiscono la trasformazione in pupa all’interno di astucci chiusi, dopo di che l’insetto esce alla ricerca della superficie per subire l’ultimo cambiamento che li porterà ad immagine. Questo è il momento più esaltante per la pesca, anche se dobbiamo fare le opportune distinzioni.
In alcuni casi le ninfe portano il fodero vicino alla riva, qui lo insabbiano dopo di che avviene la trasformazione in pupa che, da questa posizione vantaggiosa, guadagna la terra ferma. Questo è una modalità di trasformazione molto vantaggiosa per l’insetto ma poco per la pesca, in quanto la possibilità di incontro tra pesce ed insetto è minima.
Un secondo modo è quello adottato dalle specie medio-grandi dove la pupa nuota velocemente sul dorso grazie alla lunghe zampe intermedie e guadagna la terraferma o una qualsiasi sporgenza affiorante dall’acqua. A questo punto da una lacerazione della pellicola esce l’insetto alato che, dopo un periodo di sosta che permette la distensione delle ali e la messa in funzione della muscolatura, l’insetto prende il volo (piuttosto pesante ed incerto) e si nasconde tra la vegetazione.
E’ naturale che in questo caso la predazione del pesce può avvenire a qualsiasi altezza dal fondo ma maggiormente a mezz’acqua. Gli attacchi del pesce sono molto violenti in relazione della elevata velocità di nuoto della pupa.
L’ultima modalità è ancora più vantaggiosa. La pupa nuota verso la superficie dove avviene la lacerazione della pellicola e l’immagine esce abbozzando brevi ed incerti voli determinando scie e vibrazioni che richiamano ed aumentano l’aggressività del pesce. L’attacco della trota è quindi rivolto sia alle ninfe in risalita sia alle immagini sulla superficie dell’acqua con bollate molto rumorose e decise che tradiscono la presenza del pesce più diffidente. Questa modalità di schiusa è tipica delle specie con dimensioni non molto grandi. Ciò è perfettamente logico in quanto alle specie maggiori occorre troppo tempo a dispiegare le grandi ali e ad attivare la muscolatura, pertanto potrebbero essere facilmente trascinate e travolte dalla corrente (ricordo che dopo la trasformazione la respirazione è di tipo aereo cioè tramite un sistema di trachee e non più branchiale) o catturate dai pesci.
Diversamente gli insetti di piccole dimensioni necessitano di tempi minori, per cui, anche se si assiste ad una certa deriva, questa non è così lunga da causare la morte per affogamento dell’immagine ma è sufficiente a mettere in attività i pesci. Ricordo inoltre che il ruolo della temperatura sulla velocità di sfarfallamento è determinante così come già detto per le effimere.
Questa è l’ennesima prova di come in natura niente è casuale, ma anche il più piccolo particolare è frutto di una categorica necessità determinata da una inesorabile lotta per la sopravvivenza che, nel corso dei millenni, ha conservato solo le specie dotate di quelle caratteristiche necessarie all’adattamento al proprio ambiente di vita e che riescono a sopportare gli attacchi dei nemici naturali o delle specie in competizione.
Nelle ultime due situazioni la pesca è decisamente favorita perché sia le pupe che le immagini sono molto appetite anche dai pesci più grandi ed anche perché l’attacco è molto deciso senza ripensamenti o rifiuti che determinerebbero l’impossibilità di cattura dell’insetto da parte del pesce.
Anche se tali schiuse avvengono soprattutto di notte, non è difficile imbattersi in tali situazioni nei momenti serali (cioè quando la scarsità di luce celano le insidie del pescatore). Ad aumentare le possibilità di successo di pesca ci sono inoltre le fragorose bollate che permettono una facile localizzazione del pesce.
E’ incredibile l’affermazione di alcuni pescatori che ritengono le imitazioni dei tricotteri poco importanti per la pesca a mosca. Evidentemente la loro capacità di osservazione non è molto sviluppata. Fortunatamente la natura se ne frega delle prese di posizioni più o meno superficiali degli uomini e prosegue noncurante per il suo corso secondo i propri schemi estremamente logici e consequenziali. E’ vero, comunque, che ci sono alcune situazioni in cui si nota la massiccia presenza di immagini, senza per questo notare attività da parte del pesce.
Ciò avviene principalmente quando gli insetti alati migrano verso monte a differenti altezze dall’acqua ma senza venirne in nessun modo a contatto, e quindi, come già visto in altre occasioni, impedendo di fatto ogni possibilità di incontro con i pesci che non si mettono in attività.
Voglio precisare che quanto qui riportato non deve essere preso come verità assoluta e immutabile, perché le sfumature e le piccole varianti che la natura ci offre sono veramente innumerevoli e la cui schematizzazione, per quanto utile, può a volte presentarsi estremamente riduttiva.
Ci vuole invece offrire una chiave di lettura quanto più possibile rigorosa e scientifica dei fattori che regolano la vita fluviale, attenendosi alle attuali conoscenze che l’entomologia l’ecologia e l’etologia ci offrono e tentando di ridurre quel nozionismo sistematico (peraltro necessario) che rende la materia piuttosto difficile e che allontana molti pescatori da una utile ed appassionante conoscenza degli insetti acquatici. Come già detto la conoscenza degli ecosistemi acquatici è l’unico modo per poter affrontare un razionale sistema di pesca ma a questa deve accompagnarsi un adeguato spirito di osservazione ed una capacità di adattamento al variare delle situazioni svincolandosi da un rigido ed ottuso schematismo.
Spero che l’esempio che ora riporto possa chiarire il concetto meglio di qualsiasi affermazione.
Ho detto prima che i tricotteri di medie e grandi dimensioni si trasformano in immagini fuori dall’acqua, mentre quelle di dimensioni minori, impiegando minor tempo, lo fanno sulla superficie dell’acqua. E’ naturale che noteremo le fragorose bollate di superficie soprattutto quando schiudono le specie che rompono la cuticola pupale sul film della tensione superficiale.
Ciò generalmente è vero, ma allora come spiegare il fatto che sul fiume da me frequentato con assiduità in estate schiude una specie piuttosto grande e generalmente non si notano bollate di superficie tranne in alcuni posti dove, immancabilmente anno dopo anno, si vedono e soprattutto si odono fragorose bollate in superficie, rendendo particolarmente vantaggiosa la pesca con una imitazione usata “a pattinare”.
La spiegazione è molto semplice e dipende dal fatto che, dove avviene la situazione sopra riportata, la riva si presenta come una parete verticale di una o più metriche cade perpendicolarmente sull’acqua. Qui le pupe nuotano e guadagnano la riva salendo anche sulla parete dove avviene la rottura della cuticola e la fuoriuscita dell’immagine che, dopo alcuni minuti, vola verso gli alberi. Naturalmente i primi voli dei tricotteri sono particolarmente incerti e goffi, a questo si aggiunga l’ulteriore difficoltà determinata dal fatto che in tale situazione possono avvenire soltanto all’indietro anche perché non hanno la capacità ed il controllo del volo anche in verticale delle libellule. E’ ovvio quindi perché la maggior parte delle immagini cada in acqua da dove ripartono con brevi voli caratterizzati da scie e continue rcadute in acqua. A questo punto appare ovvio perché in tali luoghi e situazioni l’attività del pesce diventa frenetica e caratterizzata dalle fragorose bollate tipiche delle specie che schiudono in superficie.
In altre parole ciò che a prima vista sembrava un’eccezione alla regola non è altro che il risultato di fattori contingenti perfettamente spiegabili che però si risolvono in un grosso vantaggio per il pescatore che vi si trovi al momento giusto.
Passiamo ora a considerare la deposizione delle uova che può avvenire in uno dei seguenti modi:
– la femmina volando e senza venire in contatto con l’acqua lascia cadere le uova nella totale indifferenza dei pesci;
– la femmina volando tocca ripetutamente l’acqua lasciando ogni volta una parte delle uova. Anche questo caso non è molto favorevole alla pesca, anche se a volte possiamo vedere qualche trota (generalmente di piccola taglia) tentare di catturare l’insetto;
– la deposizione può avvenire dalla vegetazione che sporge sull’acqua da dove vengono lasciate cadere le uova senza che i pesci si interessino minimamente alla cosa;
– le femmine si immergono ancorando le uova al fondale grazie ad una sostanza vischiosa raggruppandole in masse, filamenti o piccoli anelli.
La situazione è un pò più favorevole delle altre ma, generalmente, non come le Baetidi in quanto è molto minore la percentuale degli insetti trascinati alla deriva che invece possono uscire dall’acqua per ripetere più volte l’operazione.
Dalle uova escono ben presto le larve che inizieranno a costruire astucci o piccole reti.
Giordano Montesi (Scuola Italiana di pesca a Mosca)